Friday, March 16, 2012

FINTO INNO ALL'IO



Invano mi arrabatto

Per l’altro al me anteporre,

Io manco nel proporre.

Repente ti ricatto

Tu mi fai: la vita scorre!

Se te voglio amare,

Al me saper rinunciare

Io privo d’amore o deprivato

Come sogghigna quell’ilare vestito da scienziato!

Posso io ciò che non ho imparato?

Forse non è tardi

Per al sarcasmo lanciar dardi.

Tra le invettive stasera censurate

Non ci son le più adorate.

Senza timor allor scopate!

Mi si dirà: ma questa non è terapia,

Non è il modo di trovar la via.

Comunque sia la sorte,

Allontana dalla morte.

Dice non dir “cazzo”

Anche se a orecchio greco suona come un “siedo”

Su questo tema soprassiedo.

Disturba che son volgare?

Manco m’avesse chiesto per l’altare:

Ci siam sposati in segreto,

Almeno avessimo fottuto in un roseto.

Poteva esser una degna festa,

Se uno non si montava la testa.

Perche aspetto d’esser festeggiata?

E sola mi perdo la passeggiata?

Ho sogni prometeici

E il cuore di un lattante,

Socraticamente accetto d’essere ignorante.

Da li costruisco non aspettando il dieci,

Se penso anche alla lode

Ne può venir fuori una frode.

La malattia avanza,

Siamo in due in una stanza.

Neanche più fumare,

Ci porta a comunicare.

Son cosi insopportabile

O dai sentimenti resa disabile?

Sembra che quelli facili a poetare

Dai genitori han provato il deprivare,

Quelli invece che troppo han accudito

Senza aiuto ora non alzano neanche un dito,

Soffrono se non son serviti

E se non son forti posson esser pervertiti.

Forse dobbiam trovar la via di mezzo,

Per della vita

Non sciupar il più bel pezzo.